Sono le 11 del mattino di martedi quando ad Ankara una forte esplosione richiama l’attenzione di tutti. Nel quartiere di Kizilay, cuore e snodo principale della capitale turca, un’auto esplode causando la morte di tre persone e il ferimento di altre quindici. La deflagrazione, avvenuta davanti all’ufficio del Governatore del centralissimo Distretto di Çankaya e di una scuola elementare nei pressi del Palazzo del Primo Ministro, ha danneggiato seriamente i veicoli parcheggiati in zona e gli edifici dell’area. Dopo le iniziali perplessità e smentite il Ministro degli Interni Idris Naim Sahin durante una conferenza stampa ha affermato che le cause dell’incidente sono ancora incerte, ma con ogni probabilità si tratta di un attacco terroristico. E non sembra certo un caso se Ankara è stata colpita nemmeno dodici ore dopo dallo sventato attentato diretto al Presidente Abdullah Gül in visita a Berlino, dove risiede la più grande comunità turca d’Europa. Entrambi gli episodi, infatti, potrebbero ricondursi alla lotta politica del Partito Curdo dei Lavoratori ( PKK) che, a seguito delle recenti tensioni politiche e del boicottaggio dei deputati curdi alla cerimonia di apertura del Parlamento, ha ripreso a farsi sentire, causando soltanto negli ultimi mesi la morte di circa 50 persone. L‘escalation di violenza e la sensazione della crescente minaccia ha legittimato le manovre di potenziamento dei Servizi Segreti turchi (MIT) che hanno previsto la figura di un apposito sottosegretario e di personale specializzato preposto a trattare la delicata questione delle rivendicazioni regionali.
Valeria Giannotta