A Parma per rivivere la Parigi della Belle Epoque

20110915-114943.jpgLe ballerine, gli habitués dei cafés, i borghesi goderecci, le signorine delle maisons closes e il popolo notturno della Parigi della Belle Epoque prendono vita nei manifesti di Henri de Toulouse-Lautrec – pittore francese che ha trasformato l’affiche in un’opera d’arte. I personaggi del celebre artista, colti nei caffè di Montmartre, nelle sale da ballo, nei postriboli, nel celebre Moulin Rouge, rivivono a Mamiano di Traversetolo (PR) nelle sale della Fondazione Magnani Rocca dove, fino all’11 dicembre, sarà possibile ammirare la mostra: “Toulouse-Lautrec e la Parigi della Belle Epoque”. L’esposizione racconta le opere di Lautrec accostandole ai paesaggi impressionisti di Monet e Renoir oltre che di Cezanne e, al contempo, mostra il legame dell’artista con le stampe giapponesi di Utamaro, Hokusai e Hiroshige. “La luce di Lautrec” – spiega il curatore Stefano Roffi – “è una luce artificiale che si differenzia nettamente da quella degli impressionisti, perché serve a far emergere il personaggio. In lui non c’è alcun interesse per il paesaggio che è semplicemente un fondale immaginario, assolutamente non realista, per far risaltare la figura e la sua psicologia”. Difficile immaginare nella Parigi bohemienne di fine Ottocento, un pittore che non dipinga ossessivamente scorci sulla Senna, fiori e facciate di cattedrali seguendo le variazioni della luce, dall’alba al tramonto. Questo era Lautrec; a lui piacevano le persone, le donne, soprattutto. La sua preferita era Jane Avril – stella del Moulin Rouge. Nell’ultimo ritratto, le rende omaggio dipingendola con un serpente attorcigliato ad un lungo abito nero, le braccia alzate e lo sguardo perso nel vuoto. Bellissima. “In tutto il mondo si conoscono le fotografie di quest’ometto deforme. Soltanto la testa e il tronco erano di proporzioni normali. La testa sembrava avvitata sopra le spalle molto cascanti. La barba lunga e nera faceva l’effetto d’uno strano ornamento. Gambe e braccia erano quelle di un bambino di sei anni. Ma in questo corpo deforme c’era una forza vitale enorme, quasi superata dallo spirito di Lautrec”. E’ questo il ritratto che fa di lui l’architetto belga Henry van de Velde. Potrebbe essere questa l’occasione per organizzare un weekend a Parma e conoscere meglio la città emiliana, dove ogni scorcio rivela testimonianze di un prestigioso passato che la rendono unica. Curiosità: “La Chartreuse de Parme” (La Cattedrale di Parma) è l’ottavo romanzo scritto da Stendhal. Secondo la tradizione, fu composto a Parigi fra il 4 novembre e il 26 dicembre 1838, durante una volontaria reclusione dell’autore che, chiuso nel suo studio, diede ordine alla servitù di rispondere “il signore è a caccia” a qualsiasi importuno venisse a cercarlo e a turbare così la sua prigionia. Inoltre, sempre secondo la tradizione, tale romanzo non fu direttamente scritto da Stendhal, bensì dettato, parola per parola, a un abile copista, unico estraneo autorizzato a ficcare il naso nell’antro dell’artista.

Adele Sergi

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