È passato un decennio ormai da quella fatidica data che ha cambiato il mondo. Una sorta di fine dell’occidente così come lo avevamo inteso fino a quel giorno caldo di settembre. Gli aerei dirottati, l’impatto, poi il crollo, e il dramma infinito di una nazione e dell’occidente tutto nel vedere crollare le proprie sicurezze e i propri simboli come un castello di carte. Un passaggio formale fra il secondo millennio e il nuovo millennio che ancora non ne voleva sapere di “dissociarsi” da quello precedente. Oggi dopo dieci anni di guerra al terrore, Osama Bin Laden è stato ucciso anche se qualche timore sull’organizzazione di Al Qaeda resta. L’America non è quella che governava Bush, adesso si trova nel pantano della recessione economica, senza lavoro e senza prospettive, così come tutto il mondo occidentale, strozzato dal debito pubblico record, e dai paesi emergenti che succhiano via ricchezza all’indotto, ormai traballante, dell’economia del vecchio occidente arrugginita. Eppure quest’America anche se afflitta da diversi problemi, lo scorso 2 maggio è scesa in piazza a festeggiare la fine di un incubo durato dieci anni. Anni lunghissimi e bui, in cui le abitudini di tutti i giorni sono cambiate, in cui si iniziò a sospettare del mussulmano vicino di casa, in cui l’ex presidente Bush avviò una nuova guerra, una sorta di crociata contro le “forze del male”, che ha influito parecchio sull’aggravarsi del debito pubblico americano. La sensazione dopo il blitz dei Navy Seals è stata quella di un’operazione che ormai non interessava quasi a nessuno, visto che ognuno ha problemi ben più stringenti a cui pensare: uno su tutti il lavoro e il sostentamento della propria famiglia e di se stesso. Certo sono vive in ognuno di noi quelle immagini di una Manhattan coperta dalla polvere e da un fumo nero, acre e denso, che ha avvolto come un manto di morte tutto quello che toccava. E poi le testimonianze, gli atti eroici per cercare di salvare più persone possibili. In questi giorni alcune registrazione telefoniche e non, sono state divulgate, suscitando fortissime emozioni, risentendo la dignità e il coraggio, di chi sapeva già che la propria fine era arrivata, ed era solamente questione di minuti prima che il destino si sarebbe compiuto. Atti di amore verso le proprie famiglie, i propri bambini, raccomandazioni verso i propri cari, promesse di amore eterno prima che Caronte arrivasse con il proprio battello per portarti via per sempre da questo mondo che tanto aveva dato, ma che in una mattinata di settembre ti tolse tutto. E ancora oggi, a dieci anni da quel triste evento, la città di Manhattan appare blindata, presidiata da forze dell’Ordine e tantissimi federali in borghese, per il timore di un attentato celebrativo del decennale dell’attacco al cuore degli Usa. Nel covo in Pakistan di Osama sono stati ritrovati degli appunti, che altro non erano che l’abbozzo di un’operazione del genere. Secondo l’intelligence americana, Al Qaeda è parecchio indebolita, e si troverebbe in difficoltà economiche ed organizzative grandissime. Ciò nonostante la paura e la tensione per questa giornata sono altissime. Non ci resta che stare vicino a quelle famiglie che hanno perso i propri cari dieci anni fa, e che ancora sicuramente non hanno realizzato e accettato quello che avvenne. Attendendo a casa propria che qualcuno torni da un lungo viaggio, o semplicemente dal lavoro. In fondo ognuno di noi che perde un proprio caro, non accetta per principio il fatto in quanto tale, e cerca delle soluzioni alternative, per cercare di lenire l’assenza e il dolore che ogni giorno, anche per qualche minuto, riaffiora dal profondo del cuore, facendo venire fuori il più cupo dei dolori, un rumore sordo, un grido di dolore quasi animale che avvolge tutto quanto. Onore dunque alle tremila vittime del World Trade Center, martiri di un’ideologia perversa che ha tenuto in ostaggio il mondo libero per un decennio.
Salvatore Borruto