Grande successo a Prato per la mostra d’arte presso il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci. L’esposizione, raggruppando alcuni tra i pezzi più suggestivi tra fotografia, dipinti, sculture, installazioni, ma anche dischi, LP, grafiche e riviste, porta il visitatore attraverso un surreale viaggio, della storia del rock.
La mostra, curata da Luca Beatrice e Marco Bazzini, parte cronologicamente dal 1969 l’anno dell’addio alla musica da parte dei Beatles, l’anno della loro ultima esibizione, la famosa performance sul tetto ma è anche l’anno di Woodstock, l’anno dell’eccentricità, dell’egocentrismo di Jimy Hendrix, di Janis Joplin, degli Who. Il viaggio continua con gli anni ’70, le droghe, l’offuscamento di idee, la fragilità di Syd Barrett, la stravaganza di Ziggy Stardust, il trucco, l’ambiguità, l’esplorazione elettronica.
È la volta del ’77, del Punk, dell’Inghilterra, dei Sex Pistols, della velocità dei tempi, delle tappe bruciate, di Sid Vicious, dell’eroina, degli omicidi-suicidi, dell’alcol e dell’esagerazione, il superamento di ogni limite. Gli anni Ottanta sono gli anni dell’Italia, di artisti alla ricerca del piacere, dell’edonismo, della ricercatezza, dei colori sfarzosi, gli anni di Renato Zero e le sue interpretazioni eccentriche ed inimitabili.
È poi il tempo del decennio scorso, del nostrano Vasco, della splendida ed enigmatica Bjork, del Brit Pop degli Oasis, ma il miglior scorcio, grazie anche ad alcune fotografie di Richard Kern che ritraggono i momenti più intimi, è quello dedicato al grunge dei Nirvana, all’introverso Cobain e consorte, alla dolcezza infinita dei suoi occhi spenti. Il duemila infine, ci lascia come testamento Micheal Jackson, il suo ultimo “This is it”, le sue foto dello splendido LaChapelle, il parto incompiuto dell’ultima rockstar che la storia ha deciso di incoronare a suo re.
La mostra affronta questo ed altro, in un viaggio che va oltre la suggestione, oltre la passione per la musica, oltre il rock, oltre la storia. È un viaggio attraverso le icone che ancora oggi, a svariati decenni dalla loro scomparsa, spesso prematura, influenzano mode, costume, spettacolo, scelte musicali. Hanno portato ciò che l’uomo poteva inventare ad una perfezione mista a tristezza, incapacità di reagire, voglia di lasciarsi andare, troppo difficile da migliorare, da portare a galla e rinnovare. Il rock è probabilmente morto molti anni fà e questa mostra è la riprova che il ricordo è l’unica cosa a poterlo tener vivo. Il ricordo ed un vinile.
comunicato stampa