Carlo De Benedetti nasce a Torino il 14 Novembre del 1943. A differenza di quella di Berlusconi, la sua storia imprenditoriale è multiforme. Appena laureato comincia nell’azienda di famiglia “Compagnia Italiana Tubi Metallici” . Agli inizi degli anni ’70, poi, avviene l’acquisizione della Gilardini, che diventerà un gruppo industriale impegnato soprattutto nella metalmeccanica. Nel 1976 De Benedetti viene nominato amministratore delegato della FIAT, a cui cede il 60 % di Gilardini ricevendo in cambio il 5 % di azioni del gruppo torinese. L’incarico, comunque durerà non più di quattro mesi. Uscito da FIAT, De Benedetti acquista la “Concerie Industriali Riunite” , ne cambia la denominazione in Compagnie Industriali Riunite (CIR) trasformandola in una grande holding industriale. E’ del 1978 l’ingresso in Olivetti, storica azienda industriale italiana della quale scriveremo nelle prossime puntate. Nella storia imprenditoriale di Carlo De Benedetti assumono rilievo le due operazioni recenti che sono passate alla storia come il caso SME ed il Lodo Mondadori. Per quanto riguarda il caso SME, abbiamo già ricordato che il colosso agroalimentare doveva essere venduto nel quadro delle privatizzazioni che l’IRI aveva avviato. Nel 1985 veniva stipulato l’accordo di vendita fra Prodi (presidente dell’IRI) e De Benedetti; quest’accordo venne inizialmente rallentato dal Governo dell’epoca, capeggiato dal Primo Ministro Bettino Craxi, e ciò consentì la presentazione di una seconda offerta da parte di un’altra cordata di imprenditori, composta da Barilla, Ferrero e Fininvest. Vediamo, invece, il caso Mondadori. Mondadori è un nome storico dell’editoria italiana, del quale scriveremo più avanti. Qui serve ricordare che nel 1987 De Benedetti entrò in Mondadori acquistando una rilevante partecipazione azionaria del gruppo editoriale milanese. La “guerra di Segrate” ebbe inizio, come abbiamo scritto la scorsa settimana, dall’attribuzione del pacchetto di maggioranza da parte della famiglia Formenton, erede delle quote Mondadori. Da qui la vicenda passava tra le aule del Tribunale, con la nomina di un collegio arbitrale. La vicenda che ha avuto l’epilogo qualche settimana fa, dunque, con la condanna a Fininvest a risarcire 560 milioni alla CIR, è una vicenda lunga venti anni, e testimonia di una visione dell’economia come strumento di potere e non come mezzo per fare progredire la società, secondo la visione di Giulio Einaudi.
Prof. Giuseppe Cantarella