Dopo diversi mesi di stallo, forse la guerra libica sta a arrivando a un punto di svolta. Emissari americani per conto del presidente Obama si sono incontrati con il Rais. La trattativa appare difficile, perché per gli Stati Uniti la condizione per iniziare una trattativa seria, è quella che Gheddafi lasci il potere, mentre il colonnello non ci pensa nemmeno a lasciare la propria terra.
In un intervista rilasciata dal portavoce del governo libico Mussa Ibrahim, ha fatto sapere che la trattativa è partita, e questo è un bene, anche se la strada per una cessazione delle ostilità appare difficile almeno per il momento. Ecco il comunicato del rappresentante: «è stato fatto un primo passo e ulteriori azioni sono benvenute, perché il regime non vuole rimanere fermo nel passato.
Siamo pronti a discutere proposte per fare passi avanti, per fare in modo che altre persone non siano più ferite e che sia messa fine a questo conflitto in modo che le guastate relazioni tra la Libia, gli Stati Uniti e gli altri Paesi della Nato possano essere ripristinate».
Sempre secondo Ibrahim i colloqui sarebbero avvenuti nella giornata di sabato scorso, e le sue parole trovano conferma negli ambienti americani. Una fonte diplomatica americana ha fatto sapere inoltre che: «Gli inviati di Tripoli e quelli americani si sono incontrati di recente e questi ultimi hanno ribadito la necessità che Muammar Gheddafi lasci il potere. Abbiamo consegnato loro questo messaggio anche se non è in corso una trattativa vera e propria».
Tornando sul campo di battaglia, per adesso le ostilità non cessano e i ribelli negli ultimi giorni stanno avanzando poco a poco, conquistando giacimenti e chilometri di deserto. La città di Brega almeno per adesso rimane sotto il controllo totale dei lealisti, come confermato da Ibrahim: «Brega è completamente sotto il controllo delle nostre forze, aiutate dalle tribù e dai volontari, e tutto quello che è stato annunciato dal cosiddetto consiglio nazionale di transizione non è altro che menzogne e disinformazione».
La confusione appare lampante, e come se tutto questo non bastasse il ministro russo degli esteri, Sergey Lavrov, ha chiarito che il suo paese non intende riconoscere legittime le forze ribelli. Per la Russia questo riconoscimento equivale a prendere la posizione di una parte in conflitto in una guerra civile.
Salvatore Borruto