Debutterà al Festival Mont-Alto teatro il 14 luglio 2011 la nuova produzione nazionale della compagnia PORTA CENERE |opera|teatro|arte|. La “FEDRA” di Seneca in una nuova traduzione in prosa e in versi ad opera del regista NATALE FILICE, con le musiche originali per orchestra, tenore, soprano e voci recitanti del Maestro Salvatore Sangiovanni, l’imponente scenografia di Eros Leale e Gianluca Salamone, i costumi di Maruska Staropoli – è l’esito naturale della linea culturale della compagnia, che negli anni ha sempre puntato alla realizzazione di progetti teatrali (opera lirica e prosa) di alto livello professionale. In particolare, PORTA CENERE continua a coinvolgere musicisti, cantanti e attori nati in Calabria, ma didatticamente e professionalmente affermati in Italia e all’estero. Il noto tenore Alessandro D’Acrissa e il raffinato soprano Annalisa Gioia hanno debuttato nell’opera lirica proprio sotto la guida del regista Natale Filice; Mario Massaro, ultimamente interprete del pluripremiato corto “Caffe Capo”, è una delle presenze fisse nelle produzioni di Porta Cenere. La talentuosa cantante e attrice Josephine Carioti è, in ordine di tempo, l’ultimo felicissimo acquisto della compagnia. Nel ruolo di FEDRA si cimenterà un’inedita DENNY MENDEZ, (ex miss Italia 1996). Accanto a lei Francesco Reda sarà Ippolito. Completa il cast un eclettico ed esuberante Geremia Longobardo nel ruolo di Teseo. Sonorizzazioni a cura di Lorenzo Vommaro, progetto grafico di Costantino Sammarra e Elisa Ianni Palarchio, responsabile di produzione Angela Rizzuto.
Prossimi appuntamenti in Festival nazionali a Bagnoregio, Roma, Nettuno, Monopoli, Sant’Andrea di Conza e in molte altre piazze estive.
NOTA DI REGIA
A risalire la stretta più arcaica del mito si fa presto a smarrirsi. Perdipiù la visione diacronica dell’uomo contemporaneo, la sua idea di sviluppo, di scienza, di progresso, di ‘evoluzione’ ci induce a considerare a priori il Mito come sintagma immaginale, articolato in componenti e elementi concatenati esclusivamente dalle leggi della causalità e della propedeuticità. Eppure, una visione antinomica, rispetto all’attuale setting generalistico e paternalistico della cultura dominante, è ancora possibile. Il problema fondamentale, comunque, resta il prosciugamento semantico e i restringimenti interpretativi che fanno terra bruciata attorno ai segni e ai simboli, al fine di ricondurli a significati noti e certi, già acquisiti, non pericolosi. E così, di quadro in quadro, di opera in opera, di teatro in teatro, la questione si allarga, cristallizzandosi in varie forme e costituendo una sorta di grande museo immaginale ed emozionale. Secondo questa via, il Mito ha insegnato e insegna all’uomo a pensare, a distinguere e a concepire idee complesse: come in un gioco di specchi multidimensionali che riproducono, deformandola, l’immagine originale, che si confonde nel bagliore della trama riflettente. E allora perché Seneca? Forse perché gli aspetti pedagogici del suo stoicismo debbano o possano insegnare o re-insegnare all’uomo contemporaneo i valori fondamentali della vita? No, grazie! Forse perché una Fedra scritta ‘solo per essere letta’ può essere una sfida stimolante per giovani teatranti ansiosi di sperimentare? No, grazie! Ciò che mi interessa, invece, è l’aspetto più squisitamente teoretico della tragedia senechiana – in altre parole, non il ‘messaggio’, ma la cruciale ricreazione del tempo. Il Tempo, appunto, è il riferimento principale di questa lettura, in quanto capace di regolare, sregolare, organizzare e disordinare eventi e dimensioni. L’idea non banale del Tempo, quindi, letto come organismo trans-teatrale e performante, lambisce, urta, permea e scolpisce gli apparati e le architetture previsti in questo allestimento. La scena: col suo corpo frontale, bidimensionale e pubblico, e quello prospettico, tridimensionale e privato, che guida, paradossalmente, lo sguardo lungo la direzione della spada di Aiace; la musica: con le sue dinamiche apparentemente monodiche, che ridistribuisce nel tempo e nello spazio i cristalli impazziti della rottura del Mito. Così la Fedra di Seneca diventa Opera contemporanea (tra lirica e prosa), come ingrandimento di quella stessa rottura della linearità del mito, che oggi ancora possiamo chiamare tragedia.
Pagina Facebook ufficiale: http://www.facebook.com/event.php?eid=199732130079686