È vero e proprio allarme in Giappone per la salute dei bambini che sono stati esposti a una quantità spaventosa di radiazioni dopo l’incidente di Fukushima. Entro un raggio di 50 chilometri, i sintomi che stanno assalendo i bambini sono simili per la maggioranza di queste piccole creature innocenti. Molti bambini di Koriyama, una città di circa 350.000 abitanti situata a 50 chilometri dalla centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi, soffrono di inspiegabile perdita di sangue dal naso, debolezza e diarrea.
I medici non si spiegano il perché di queste patologie, ma il sospetto è che l’esposizione continuata a radiazioni sia stata in qualche modo la causa primaria di questi sintomi. Infatti quasi tutti i medici nipponici sono in allarme, prescrivendo analisi del sangue per constatare se il numero di globuli bianchi nel sangue sia normale o assolutamente sballato.
L’esposizione acuta oppure leggera a radiazioni varia da individuo a individuo e, nel caso dei bambini, i danni possono essere avvertiti in maniera più repentina rispetto ad un adulto.
Certi livelli di esposizione protratti nel tempo danno patologie ben precise.
Esposizioni altissime per un lasso di tempo preciso portano alla morte, esposizioni più basse invece portano a danni collaterali, che distruggono il corpo dall’interno.
Questa volta a divulgare i dati non è stata la rete libera, ma l’edizione del 16 giugno del Tokyo Shimbun, un quotidiano cartaceo letto da circa un milione di persone, specie nell’area di Tokyo e di Kanto.
Adesso il problema principale è il materiale radioattivo fuoriuscito dai reattori ormai in stato avanzato di fusione, oppure fusi completamente. Queste sostanze a contatto con l’atmosfera rilasciano particelle altamente radioattive e, come a Chernobyl, le centrali divengono dei veri e propri “aerosol radioattivi”.
Oltretutto il combustibile nucleare sprofondato nel terreno sta invadendo il sottosuolo, insinuandosi nelle falde ed entrando di conseguenza nella catena alimentare. Il veicolo principale di contagio da radiazioni potrebbe essere il latte. Il latte tende a concentrare il materiale radioattivo e le scuole lasciano libertà di coscienza ai genitori se decidere di farlo assumere dai figli oppure no.
Il problema è che diverse mamme hanno raccontato che hanno lasciato prendere il latte ai propri figli perché, rifiutandolo, si sentivano isolati dal resto dei compagni. E se è vero che in genere i bambini tendono a imitare quello che fanno i loro compagni, questo è tanto più vero in Giappone, dove la conformità rispetto al gruppo è un tratto culturale particolarmente forte.
La situazione dunque è davvero fuori controllo e fa molto effetto che un paese organizzato ed efficiente come quello del sol levante stia sottovalutando in maniera così superficiale i rischi e i veleni che la centrale sta sversando sulla popolazione inerme che vi abita vicino.
Gli specialisti americani avevano consigliato di evacuare la zona per un raggio di oltre 100 chilometri, ma i tecnici della sicurezza nipponici hanno pensato che bastasse solamente un raggio di 15/20 chilometri. Scuole aperte dentro quella zona ed esposizione assurda per bambini e non. Sempre il Tokyo Shimbun dice che a Koriyama un monitor per determinare le radiazioni radioattive, piazzato vicino a un cespuglio basso, misurava 2,33 microsievert per ora.
La quantità di radiazioni diminuiva man mano che l’apparecchio veniva alzato. Da metà maggio in poi la media delle radiazioni a Koriyama è stata di 1,3 microsievert ma vivendo per un anno in un posto con questa quantità l’esposizione cumulativa diventa molto superiore e nociva.
Per adesso una via d’uscita non si vede e la Tepco, per isolare i reattori dall’atmosfera, ha pensato a delle strutture a campana per contenere i gas che fuoriescono dagli impianti, all’inizio per tamponare la situazione e in seguito la situazione più logica per loro appare quella di costruire un sarcofago come quello di Chernobyl, in cui di anno in anno, si aprono crepe e feritoie che mettono il nucleo a contatto con l’atmosfera.
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