Riprendono gli sbarchi a Lampedusa. Dopo un breve periodo di tregua, infatti, negli ultimi giorni sono sbarcati migliaia di profughi provenienti dal nord Africa. Sarebbero in tutto oltre mille i migranti approdati con diverse imbarcazioni nei giorni scorsi sull’isola. Altri due barconi sono arrivati nella notte tra venerdì e sabato a Lampedusa, facendo così salire a oltre 1.600 il numero dei migranti presenti sull’isola. Sul primo barcone, entrato in porto attorno all’1,30, c’erano 199 persone, tra cui due donne e un bambino, tutti di provenienza subsahariana. Il secondo, invece, con a bordo 218 tunisini, tra cui 5 donne e un bambino, è entrato in porto poco dopo le 2. Inoltre un barcone con 213 migranti, tra cui 10 donne e due bambini, è approdato verso l’una della notte scorsa anche sulla spiaggia di Licata (Agrigento). I migranti sono stati radunati dalle forze dell’ordine e dalla capitaneria di porto e poi trasferiti a Porto Empedocle.
Sono ripresi, inoltre, i voli per i rimpatri degli immigrati tunisini sbarcati dopo il 5 aprile, quando è stato firmato l’accordo tra Italia e Tunisia, sull’isola di Lampedusa. L’aereo dovrebbe trasferire una trentina di tunisini da Lampedusa all’aeroporto di Palermo e da lì rimpatriarli fino a Tunisi. L’ultimo rimpatrio risale a tre giorni fa con il trasferimento di 28 tunisini.
Sulla questione immigrati è intervenuto nuovamente il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, secondo il quale gli sbarchi continueranno se non si pone fine alla guerra: «Abbiamo sollecitato e solleciteremo ancora un’azione forte della diplomazia che ponga fine alla guerra in Libia, altrimenti non c’è modo di fermare gli sbarchi». In questo contesto «l’Europa – ha denunciato il ministro – non sta facendo quello che si è impegnata a fare: un mese fa l’Europa aveva deciso di prendere alcune iniziative che ancora oggi non sono state adottate». Un appello all’Europa giunge anche dal presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, che invita a «una maggiore solidarietà, intelligente ed organizzata» perché «non si può vivere in difesa».
Filippo Turiano