Dopo l’uccisione cominciano i sospetti e le riflessioni

Il blitz che ha portato all’uccisione di Osama Bin Laden è durato circa quaranta minuti e, secondo indiscrezioni (pare incontrollate), lo sceicco era già morto molto tempo prima che i militari americani entrassero fisicamente all’interno della fortezza. Gli americani sono arrivati sul posto con quattro elicotteri d’assalto, nella notte. Secondo alcuni testimoni hanno intimato in lingua Pashtun a tutti i presenti nelle vicinanze di andare via. Il corpo che ha forzato quella fortezza a forma piramidale è quello d’elite dei Marines americani. Le prime tracce che hanno portato all’individuazione della fortezza di Bin Laden risalgono al 2007, quando nelle prigioni di Guantanamo, due terroristi, precisamente Khaled Sheikh Mohammed e Abu Faraj al Libi, sottoposti a waterboarding, parlano. Non dicono molte informazioni, ma semplicemente indicano il nome di un corriere fidatissimo dello sceicco. E da quella traccia si è iniziato a sorvegliare quella villa di nuova costruzione, a Abbottabad, 50 chilometri a nord dalla capitale Islamabad. La villa è di recentissima costruzione, risalente al 2005, non ha collegamenti internet e telefonici e, cosa alquanto strana, non getta via immondizia per non lasciare alcuna traccia, che metodicamente viene bruciata all’interno delle mura di cinta, alte circa cinque metri e in cemento armato. Il team specializzato della Cia «The Cadre», composto da novellini e vecchi agenti richiamati dal servizio, analizza le informazioni e, dopo riprese satellitari e voli di perlustrazione ad alta quota, nel 2010 restringe il cerchio e crede che al 99% quella sia la fortezza dello sceicco del terrore. Già a settembre l’intelligence sembra convinta che quello sia il covo dell’eminenza grigia dei Talebani, ma alcuni falsi avvistamenti e delle incertezze  frenano gli 007 made in Usa. Il presidente Obama viene informato e, dal 14 marzo in poi, egli stesso presiede circa 5 riunioni di gabinetto dedicate al dossier. L’ultima si tiene alle 8.20 di venerdì, poche ore prima che Obama raggiunga l’Alabama. Il presidente autorizza l’operazione e decide di tenere all’oscuro i pachistani. La missione, come già ricordato, è affidata al corpo speciale antiterrorismo dei Marines, i cosiddetti “Navy Seals”, o meglio conosciuti come i “cavernicoli”. Analizzano tutti gli scenari possibili, provano e riprovano ogni azione e alla fine, sapendo che il personaggio è presente nella villa da circa 10/12 giorni, decidono di agire su mandato del presidente. Dopo il blitz portano via il corpo e, vista la scomodità di quella salma, decidono di seppellirla in mare in rispetto delle usanze mussulmane. Secondo fonti americane, pare che sulla portaerei il corpo sia stato trattato con spezie profumate, avvolto in lenzuola bianche e chiuso in un sacco pesante, per poi essere gettato in mare. Ma le prime polemiche dei fondamentalisti hanno origine proprio da qui perché, seguendo alla lettera le indicazioni del Corano, un corpo non può essere seppellito in mare, salvo casi rarissimi, ma deve essere recuperato e ricevere sepoltura sulla terraferma. Insomma, da un lato si è evitato di creare un vero e proprio mausoleo, con i resti del capo di Al Qaeda, dall’altro si rischia di innescare pesanti vendette e rappresaglie da parte dei Jihadisti più convinti. Altre ombre arrivano dalla modalità di azione, senza avviso al Pakistan. Questa decisione, presa dalla Presidenza Usa, fa trapelare un certo imbarazzo verso il paese orientale. Potremmo quasi dire che la fiducia nei rappresentanti pakistani non è proprio totale oppure, vista la gravità dell’operazione, gli americani hanno preferito agire di propria iniziativa, senza fare trapelare nulla di quanto stava per accadere.

Salvatore Borruto

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