Oggi ci occupiamo di politica fiscale. Genericamente si usa l’espressione “pagare le tasse”, ma in realtà il prelievo fiscale è composto da tasse, imposte e contributi. Le imposte sono un prelievo effettuato dal Governo per fare fronte ad esigenze finanziarie di carattere generale. La più conosciuta imposta è certamente l’IRPEF, che è un’imposta che colpisce il reddito delle persone fisiche in maniera progressiva, vale a dire che l’aliquota, ovvero la percentuale di reddito che viene prelevata, aumenta all’aumentare del reddito stesso. Tutto ciò in ossequio al principio costituzionale sancito dall’articolo 53 della nostra Legge fondamentale: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Le tasse, invece, sono prelievi di denaro che vengono effettuati in relazione ad un particolare servizio erogato dal Governo. L’esempio più immediato è rappresentato dalle tasse universitarie che i nostri giovani studenti sono tenuti a pagare proprio in questi giorni. L’importo viene pagato in corrispondenza dello specifico servizio.
Anche i contributi sono prelievi obbligatori da mettere in relazione ad uno specifico oggetto, e gli esempi più comuni che possiamo fare sono rappresentati dai contributi previdenziali ed assicurativi che vengono effettuati a favore dell’INPS, dell’INAIL o dell’INPDAP per avere riconosciuto il trattamento pensionistico o l’assicurazione contro gli infortuni. Tasse, imposte e contributi rappresentano le entrate fiscali. Sappiamo che l’attività finanziaria dello Stato è del tutto simile all’attività economica di una qualunque azienda, con entrate ed uscite. Le uscite dello Stato sono rappresentate dalla spesa pubblica. Ogni anno il Governo predispone il bilancio, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, in cui sono indicate le entrate e le uscite finanziarie del Governo. La differenza – negativa – fra uscite ed entrate del bilancio dello Stato si chiama deficit di bilancio, e già sappiamo che tale valore non può essere superiore al 3 % del Prodotto Interno Lordo, per rispettare i criteri di stabilità monetaria fissati dalla Banca Centrale Europea. Purtroppo l’Italia, come del resto quasi tutti i Paesi ad economia avanzata con uno stato assistenziale consolidato – il c.d. welfare state – presenta sempre il proprio bilancio in deficit, per cui è costretto a ricorrere all’indebitamento. Ed infatti il debito pubblico può definirsi come l’insieme dei debiti che lo Stato è costretto a contrarre per fare fronte al deficit di bilancio.
La prossima settimana vedremo le diverse politiche fiscali per ridurre il deficit e, di conseguenza, il debito pubblico.
Prof. Giuseppe Cantarella