Dopo i recenti moti che hanno coinvolto anche la Libia, in molti si chiedono quali saranno le ripercussioni economiche per l’Europa e l’Italia in particolare. Nel Paese Maghrebino sono presenti molte grandi imprese tra cui, su tutte, l’Eni. I campi Eni al centro del deserto libico forniscono circa un quarto di tutto il petrolio usato in Italia e l’11% del gas diviso tra riscaldamento ed energia elettrica per le nostre centrali. Ogni giorno partono dalla Libia 300.000 barili di petrolio. Inoltre i rifornimenti di gas importato dalla Libia in Italia attraverso un gasdotto sottomarino hanno iniziato a subire un brusco rallentamento. Le forniture di gas dalla Libia non sono, dunque, del tutto interrotte, ma la situazione è molto complicata di fronte a una guerra civile di proporzioni imprevedibili. Alcuni manifestanti hanno minacciato addirittura di interrompere del tutto gli approvvigionamenti di gas verso la Sicilia; a rischio anche il greggio libico per l’Italia proveniente da Tripoli. Le tensioni in Libia, alzeranno ancora il prezzo dei carburanti in Italia e questo porterà anche all’aumento dei beni trasportati su gomma, come frutta e verdura. Le ripercussioni maggiori probabilmente si avvertono anche e soprattutto sul prezzo del petrolio. Nelle ultime ore, infatti, il prezzo del greggio ha sfiorato i cento dollari al barile. Frattanto le borse stanno retrocedendo di fronte alla crisi in Libia e a soffrire di più è quella milanese (-3,59%). L’Italia è, di fatto, il quinto investitore mondiale in Libia e il suo primo partner commerciale, pertanto è facile prevedere che un certo effetto sull’Italia questa situazione politica mediorientale l’avrà. Sicuramente l’odierna situazione libica deve farci riflettere sulla schiavitù del sistema energetico italiano dipendente dall’estero. Inoltre tale situazione minaccia di evolversi negativamente nei prossimi giorni e l’impressione è che la grande incertezza sul futuro del Paese nord-africano non si risolverà certamente in tempi brevi.
Filippo Turiano
