Sclerosi multipla, più esposti ai rischi se non si prende abbastanza Sole

Le persone che trascorrono più tempo al sole e quelle che hanno livelli di vitamina D più alti potrebbero avere meno probabilità di sviluppare la Sclerosi Multipla. A dirlo è uno studio pubblicato su Neurology, la rivista dell’American Academy of Neurology. La ricerca, condotta da un’equipe di scienziati dell’Australian National University di Canberra, ha coinvolto 216 persone di età compresa fra i 18 e i 59 anni, più un gruppo di controllo di 395 soggetti e, per la prima volta, ha interessato persone che mostravano i primi sintomi della malattia senza che avessero ricevuto ancora una diagnosi certa.  I ricercatori hanno così scoperto che la possibilità di diagnosticare la malattia diminuiva del 30% per ogni “supplemento” di esposizione alla luce solare calcolato in base alle dichiarazioni dei partecipanti e quantificato in circa 1.000 kj. Lo stesso discorso vale anche per la vitamina D: livelli più bassi sono stati associati a maggiori probabilità di sviluppare la malattia. Sui benefici del sole, però, si consiglia cautela visto il rischio di tumori cutanei che può comportare una lunga esposizione. La sclerosi multipla (SM) è una malattia a decorso cronico della sostanza bianca del sistema nervoso centrale, che comporta un danno e una perdita di mielina in più aree (da cui il nome «multipla»). Queste aree di perdita di mielina (o «demielinizzazione») sono di grandezza variabile, prendono il nome di placche e  possono evolvere da una fase infiammatoria iniziale a una fase cronica, in cui assumono caratteristiche simili a cicatrici, da cui deriva il termine «sclerosi». Nel mondo si contano circa 1,3 milioni di persone con SM, di cui 400.000 in Europa e 57.000 in Italia. La distribuzione della malattia non è uniforme: è più diffusa nelle zone lontane dall’Equatore a clima temperato, in particolare Nord Europa, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Australia del Sud. La prevalenza della malattia al contrario sembra avere una progressiva riduzione con l’avvicinarsi all’Equatore. La SM può esordire a ogni età della vita, ma è diagnosticata per lo più tra i 20 e i 40 anni e le donne risultano colpite in numero doppio rispetto agli uomini.

Per frequenza, nel giovane adulto è la seconda malattia neurologica e la prima di tipo infiammatorio cronico. La causa o meglio le cause sono ancora in parte sconosciute, tuttavia la ricerca ha fatto grandi passi nel chiarire il modo con cui la malattia agisce, permettendo così di arrivare a una diagnosi e a un trattamento precoce che consentono alle persone con SM di mantenere una buona qualità di vita per molti anni. Alla base della perdita di mielina c’è un’alterazione nella risposta del sistema immunitario che, in condizioni normali, ha il compito di difendere l’organismo da agenti esterni, principalmente virus e batteri. Il sistema immunitario esercita questo controllo attraverso linfociti, macrofagi e altre cellule che circolano nel sangue e che, in caso di necessità, attaccano e distruggono i microrganismi estranei, sia direttamente sia attraverso la liberazione di anticorpi e altre sostanze chimiche.
Nella SM il sistema immunitario attacca i componenti del sistema nervoso centrale scambiandoli per agenti estranei. Questo meccanismo di danno si definisce «autoimmune» o, più in generale, «disimmune».Uno dei principali bersagli della risposta immunitaria alterata è la “proteina basica della mielina” che, come dice il nome, è uno dei costituenti della mielina stessa.
Nell’insorgenza della SM giocano un ruolo fondamentale alcuni fattori come:
l’ambiente e l’etnia (clima temperato, latitudine, origine caucasica, agenti tossici, livelli bassi di vitamina D);
l’esposizione ad agenti infettivi (virus, batteri) soprattutto nei primi anni di vita;
una predisposizione genetica.
Sarebbe l’insieme di più fattori a innescare il meccanismo autoimmunitario alla base dell’insorgenza dei sintomi (origine multifattoriale).

La SM non è una malattia infettiva e non si trasmette da individuo a individuo.
Analogamente, predisposizione genetica non significa che la SM sia ereditaria o che venga trasmessa dai genitori ai figli con i propri cromosomi.
Studi epidemiologici hanno riscontrato una maggiore frequenza della patologia in componenti dello stesso nucleo familiare, ma l’incidenza è molto bassa in termini assoluti: figli e fratelli o sorelle di persone con SM hanno infatti una percentuale trascurabile (3-5%) di maggiore rischio, rispetto ai familiari di persone senza sclerosi multipla, di sviluppare la malattia.
Un esempio significativo per chiarire la componente genetica nella SM è il caso dei gemelli: mentre nei gemelli omozigoti, che condividono lo stesso corredo genetico, l’aumento del rischio di malattia è di circa il 30%, nei gemelli eterozigoti (cioè con patrimonio genetico non identico) la probabilità scende al 4% circa. Tutto questo indica che la SM non è una malattia genetica in senso stretto. La SM è complessa e imprevedibile, ma non riduce l’aspettativa di vita, infatti la vita media delle persone ammalate è paragonabile a quella della popolazione generale.

M. Cristina Scullino

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