La più grande impresa automobilistica italiana ha deciso di svoltare e adattarsi alle regole dell’economia globale. Autore di questo cambiamento è il suo Manager Marchionne che ha deciso di rinnovare totalmente il rapporto che l’azienda ha con i lavoratori, adattandolo a quello degli altri colossi mondiali produttori di autovetture. Marchionne aveva già rinnovato profondamente la politica aziendale della Fiat e ha contribuito a rilanciarla a livello mondiale con il famoso accordo con l’americana Chrysler , con l’inizio di nuove produzioni in Brasile ed in India. Il marchio Fiat, accantonato da un po’ di anni, con la politica del suo nuovo manager ha acquisito prestigio ed ha ricominciato a produrre automobili di un certo livello anche se pur sempre utilitarie (Panda e 500).Questo miglioramento si è tradotto in un maggior rendimento delle azioni in borsa ed in una maggiore solidità economica, talmente soddisfacente da far pensare al suo timoniere di effettuare qualche cambiamento . Ha infatti diviso il gruppo Fiat creando due gruppi autonomi, uno che riguarda la produzione di automobili e l’altro che riguarda la produzione di macchine agricole, macchinari di produzione, camion e tutto il resto, componenti per aerei ecc ecc .Il secondo cambiamento basilare di Marchionne riguarderà le regole della produzione, ed infatti il manager del Lingotto ha deciso nuove forme di contrattazione con i lavoratori e ha deciso anche che una parte della produzione avverrà in America e ci sarà un reinvestimento in Italia. Ha anche aumentato il salario degli operai lasciando invariate le ore lavorative che in caso di aumento verrebbero ovviamente retribuite. Marchionne ha solamente aumentato i turni di produzione per massimizzare il funzionamento delle macchine dell’impresa e non avere periodi di produzione “morti” . I sindacati dei lavoratori si sono dimostrati comprensivi ed entusiasti che la loro impresa, in un periodo di crisi e licenziamenti, abbia deciso coraggiosamente di investire e per lo più aderiranno alla soluzione del Manager del Lingotto, il quale ha dato un ultimatum ai sindacati: se non approveranno le sue condizioni per far rimanere competitiva la Fiat (che è quello per cui viene generosamente retribuito), si vedrà costretto a chiudere le fabbriche in Italia per produrre all’estero, dove il costo del lavoro è minore e le concertazioni con le associazioni dei lavoratori non sono cosi ardue e macchinose. Uniche voci stonate nel mondo degli operai ed impiegati Fiat sono il sindacato della CGL e la FIOM che stanno opponendo una dura resistenza all’approvazione dell’accordo, usando delle motivazione incomprensibili quali l’attaccamento della Fiat al paese o l’antica contrapposizione tra padrone dell’impresa e operaio. Questa gente non vuol capire che i tempi sono cambiati da quando la Fiat mandava gli operai in cassa-integrazione e con l’aiuto dello Stato ne veniva sempre fuori. Oggi lo Stato aiuterà l’azienda nella misura in cui è legittimo e senza leggi particolari, come in anni passati, quando fioccavano a iosa gli incentivi per comprare automobili torinesi . Appare ora giusto che l’azienda decida di risolvere da sola i suoi problemi rapportandosi a quelli che sono gli standard globali di produzione e rendimento. Proprio in questi giorni si deciderà l’accordo; la politica italiana quasi in toto appoggia le mosse del manager Fiat. Durante una pausa ad hoc, Marchionne ha indetto delle assemblee, nelle quali i caposquadra dei lavoratori hanno spiegato il punto “di vista” dell’azienda riguardo l’accordo da firmare, precedendo le assemblee convocate dalla FIOM per oggi, giovedì 13, con l’obiettivo di contrastare l’accordo.
Fabrizio Pace