Dopo le proteste, gli scontri, le polemiche, la riforma universitaria del ministro Gelmini è passata al Senato, il 23 di Dicembre, un vero e proprio “regalo di Natale” per tutti gli studenti italiani. Leggendo bene il testo della riforma, molti provvedimenti sono azzeccati e necessari a superare problemi e logiche di una Università troppo volte assoggettata a baronie e parentati, ma alcuni provvedimenti sembrano del tutto fuori luogo e di cattivo gusto soprattutto. Giorgio Napolitano ha ricevuto al Quirinale una rappresentativa di universitari e ricercatori, che hanno spiegato la propria posizione, e ha rassicurato che sarà vigile e propositivo nell’analizzare il testo del Ddl, sempre nelle proprie possibilità di arbitro imparziale. Tornando ai regali ricevuti, ma gli studenti davvero si sono meritati il carbone per il loro operato? Dal nostro punto di vista, crediamo proprio di no. Basti pensare a quanto impegno ogni studente ci metta per poter avere un futuro migliore in cui credere e soprattutto in cui potersi realizzare. Troppo spesso negli ultimi disgraziati anni della seconda Repubblica, qualunque Governo si sia succeduto ha pensato bene di tagliare e risparmiare su ricerca e istruzione, portando di fatto il Paese a non crescere più, e ad avanzare a tentoni nei ranking mondiali. La corruzione dilagante, la crisi mondiale, non ha fatto altro che aumentare la forbice fra coloro che sono in una posizione privilegiata e si possono permettere qualunque costo per gli studi, e una posizione di debolezza ormai ciclica che ha investito i ceti medio-bassi, che ormai non riescono più a mantenere i loro figli neanche alle università pubbliche, tanto bistrattate e poco considerate. Se le nostre università si trovano agli ultimi posti per qualità nei ranking mondiali, certamente la colpa non è che sia solo di chi ci governa, anzi bisognerebbe fare una profonda riflessione su tutto il mondo universitario, ma se i soldi non arrivano e non bastano nemmeno per i servizi essenziali, come possono fare gli atenei a migliorare e cercare di dare una scossa al sistema. Bisogna anche dire però che tra mille e mille difficoltà il mondo della cultura italiana sta facendo passi da gigante nel campo della ricerca, con quattro spiccioli di risorse investite. Insomma il futuro di una nazione si misura anche dal livello di istruzione che questa può raggiungere, e se guardiamo le cifre, le nostre sono tutt’altro che rosee. Cercando di archiviare questo 2010 ormai quasi alle porte, non ci resta che sperare in un 2011 migliore per la scuola, le università, il mondo della ricerca in generale, sperando che qualcuno dei nostri politici capisca quali siano i bisogni del nostro Paese e prenda delle decisioni salomoniche per delineare il futuro in cui l’Italia si troverà a vivere.
Salvatore Borruto