Ieri, per alcune ore, si era diffusa la notizia della liberazione di Sakineh Mohammadi-Ashtiani, la donna iraniana condannata alla lapidazione per omicidio e adulterio. La notizia della liberazione di Sakineh aveva fatto sperare che l’incubo fosse finito, invece la donna si trova ancora rinchiusa in attesa che la condanna alla lapidazione venga eseguita. A smentire la sua scarcerazione è stata la TV iraniana.
A far gioire per la liberazione di Sakineh sono state alcune immagini che la mostravano nella sua casa a Tabriz, tuttavia il sito di Press TV ha fatto sapere che la donna è stata condotta in quel luogo solo per essere intervistata sulla scena dove è avvenuto l’omicidio del marito, ma di fatto la pena non è stata annullata. «Contrariamente alla vasta campagna pubblicitaria dei media occidentali secondo cui l’omicida confessa Sakineh Mohammadi Ashtiani è stata liberata, la donna non è stata rilasciata.»
Ecco il breve comunicato diffuso oggi dalla TV iraniana, che sottolinea come Sakineh è stata giudicata colpevole dell’omicidio del marito, Ibrahim Qaderzadeh, in complicità con un uomo, Isa Taheri, di cui era l’amante. La pena è tuttora sospesa, tuttavia il rischio che venga applicata è ancora alto nonostante la mobilitazione internazionale. È stata la stessa magistratura ad approvare che la Ashtiani fosse condotta nella sua abitazione per descrivere nel dettaglio l’uccisione del marito, e questo sotto gli occhi degli operatori del programma “Iran today”.
L’avvenuta scarcerazione, quindi, è stata purtroppo solo un grave malinteso. Due Ministri italiani, Mara Carfagna (Pari Opportunità) e Franco Frattini (Esteri) avevano espresso immediatamente la loro soddisfazione, rivendicando i meriti del governo italiano ed indicando che la notizia era stata confermata da imprecisate fonti ufficiali. Poi a raffica erano arrivati i commenti un po’ di tutti i maggiori esponenti delle forze politiche. L’unica fonte della notizia era pero’ costituita dal Comitato internazionale contro la lapidazione che aveva riferito che la donna e suo figlio erano stati visti nel cortile della loro abitazione a Tabriz.
Da parte sua, il governo iraniano aveva già smentito la liberazione, ma forse per una certa abitudine a non credere mai alle parole del regime iraniano, i commenti trionfanti avevano continuato a susseguirsi, senza che nessuno si domandasse se la notizia fosse davvero credibile. C’erano delle foto di Sakineh e del figlio, liberi nel cortile di casa, ma gli avvocati di Sakineh non avevano fatto alcun annuncio, e non si capiva come il governo iraniano potesse saltare d’un tratto dall’intransigenza della condanna a morte addirittura alla liberazione della condannata e senza neppure passare da un’udienza in Tribunale, senza un perdono ufficiale dei familiari del marito ucciso (perdono che può essere decisivo nel sistema “giudiziario” iraniano) e senza un provvedimento di grazia del regime. Non si capiva perché il regime dovesse prima liberare Sakineh e poi negare di averla liberata. Ma troppo forte era il sollievo generale, e forse ancor più forte la volontà di primeggiare nella corsa all’auto-attribuzione dei meriti. Purtroppo, Sakineh è ancora nelle carceri iraniane e la sua apparizione nel cortile di casa era solo il frutto di un accordo tra l’emittente PressTV e l’autorità “giudiziaria” iraniana per realizzare una ricostruzione filmata delle circostanze dell’omicidio.
Purtroppo, per Sakineh e per l’Iran, la lapidazione è ancora una possibilità molto concreta. E purtroppo, come Sakineh, sono migliaia le persone in attesa di essere “giustiziate” in molti Paesi del mondo che ancora applicano la pena di morte, dalla Cina agli Stati Uniti, dal Laos al Giappone, il più delle volte senza suscitare nell’opinione pubblica mondiale, né sdegno né anche solo un briciolo di attenzione.
Antonella Pirrotta