Rosarno: dalla rivolta al ritorno

La rivolta di gennaio non sembra aver risolto nulla, se non lo smantellamento e la distruzione di alcuni vecchi edifici. Da quella vicenda i cittadini di Rosarno erano stati accusati di razzismo; ma camminando per le strade del paese si può constatare tutt’oggi la presenza di immigrati africani senza dover segnalare ulteriori scontri ed episodi di violenza nei loro confronti. Durante l’inverno scorso i cittadini di Rosarno avevano deciso di allontanare i numerosi “lavoratori invisibili” che occupavano dei casolari abbandonati alle porte del centro. La decisione dei rosarnesi aveva provocato una dura rivolta da parte di alcune centinaia di lavoratori extracomunitari impegnati in agricoltura e una vera e propria guerriglia urbana con automobili distrutte e case danneggiate. A far scoppiare la rivolta era stato il ferimento di due giovani migranti con pallini da caccia esplosi, con un’arma ad aria compressa, da persone non identificate. È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e che ha manifestato la volontà di reazione covata da tempo dagli extracomunitari. A sedare gli animi erano intervenute le forze dell’ordine, costringendo gli africani alla resa e all’abbandono dei casolari, in seguito demoliti: si tratta della vecchia fabbrica della Rognetta (dove gli immigrati vivevano ammassati in tende di cartone senza luce ma con acqua corrente e bagni chimici) e dell’ex Opera Sila (un impianto abbandonato per la raffinazione dell’olio). Ma che fine hanno fatto i circa 1500 immigrati protagonisti della rivolta? Molti sono rimasti nella cittadina calabrese nascosti nelle vecchie case disabitate delle campagne, dove i controlli delle forze dell’ordine non arrivano. Altri, finita la stagione della raccolta delle arance nei campi della Piana di Gioia Tauro, si sono recati in Campania e in Puglia, dove dalla primavera lavorano per la raccolta dei pomodori. Ma adesso è nuovamente il periodo della raccolta delle arance e parecchi di loro, soprattutto nelle ultime settimane e dopo diversi mesi di esilio, sono tornati nella Piana di Gioia Tauro ripiegando in ricoveri di fortuna, in luoghi più impervi. La situazione, dunque, non sembra essere cambiata. L’aria che si respira per le vie di Rosarno sembra essere la stessa di un anno fa. Così, per garantire diritti, cittadinanza e dignità, da metà novembre è stata promossa la campagna “RADICI”, un’iniziativa che vedrà impegnati diversi attivisti e che si muove in continuità con il percorso d’indagine e tutela, già avviato con i migranti tra Roma e il Sud Italia subito dopo i fatti di Rosarno. Il suddetto programma prevede incontri con soggetti istituzionali e realtà informali che operano sul territorio e che sono già impegnate in percorsi e attività di inclusione sociale degli immigrati, oltre al monitoraggio delle condizioni di vita dei giovani lavoratori africani e alla loro attuale situazione lavorativa.

Filippo Turiano

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