“La laurea generalista è solo un pezzo di carta? Dipende dalla residenza del laureato”. Questo è quanto afferma la giornalista Barbieri del Sole 24 Ore alla luce dei nuovi dati emersi sull’occupazione giovanile. Infatti, in uno scenario a tinte fosche per i giovani che cercano lavoro, in cui a timidi segnali di ripresa dell’economia non corrisponde, per ora, una crescita dell’occupazione; il centro studi Datagiovani ha rielaborato gli ultimi dati Istat prendendo in esame la popolazione tra i 15 e i 34 anni con l’intento di misurare l’efficacia del titolo di studio contro il rischio disoccupazione. Posto che in media avere un diploma o una laurea riduce il pericolo di restare senza lavoro rispettivamente di 1,3 e 3,2 punti percentuali, restringendo l’obiettivo sul territorio emerge che in otto regioni (Friuli Venezia Giulia, Liguria, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Basilicata e Calabria) il diploma è uno scudo più efficace rispetto alla laurea, quota che sale a dieci se si considera solo l’universo maschile. Investire anni nello studio paga sempre di meno «anche per carenza di orientamento – evidenzia Giorgia Meloni, ministro della Gioventù – e per uno scarso dialogo tra scuola e mondo del lavoro, con il risultato che ci sono alti profili che non trovano sbocchi, perché la richiesta delle imprese è spesso focalizzata su competenze diverse, come nel caso dei mestieri artigiani per cui non serve di certo andare all’università». È nel Centro Italia che il diploma produce migliori risultati: il tasso di disoccupazione di chi termina gli studi a 19 anni è del 12,4%, oltre un punto percentuale in meno rispetto a chi prosegue fino alla laurea. Sono invece i ragazzi del nord a godere dei migliori effetti del titolo di studio elevato: è il caso dell’Emilia Romagna, dove i laureati registrano un tasso di disoccupazione inferiore del 5,3% rispetto a quello medio regionale, caso analogo in Veneto dove la differenza è del 3,3 per cento.
La fotografia del Sud è invece a macchia di leopardo: in Campania, Calabria e Basilicata si registrano tassi di disoccupazione dei laureati maggiori rispetto a quelli dei diplomati, mentre la relazione è inversa nelle altre regioni dove nei ranghi dei “dottori” si annovera una quota di senza lavoro estremamente più bassa anche rispetto ai livelli generali dei giovani nella propria regione (in Sardegna, il gap più alto pari al -6,8 per cento). In Calabria, dunque, per l’ingresso nel mondo del lavoro pare che vengano favoriti i diplomati, a discapito dei giovani che hanno concluso gli studi universitari. Il tasso di disoccupazione per chi esce dalle scuole medie superiori è pari al 24,4% (a fronte del 14,8 nazionale) mentre per i laureati la percentuale sale al 24,8 (rispetto al 12,90 del Paese). La Calabria si pone, quindi, al quart’ultimo posto nella graduatoria della penisola dei diplomati e al terz’ultimo per quella dei laureati a spasso. A dare maggiori sbocchi sono gli istituti tecnici e professionali, a scapito dei licei, mentre tra i dottori sono i neo laureati in medicina e chirurgia ad essere agevolati nel loro ingresso nel mondo del lavoro.
«La cartina dell’Italia – osserva il giuslavorista Michel Martone – è un variopinto alternarsi di mercati del lavoro regionali, dove il gap tra domanda e offerta può essere ridotto solo con interventi mirati sul territorio che coinvolgano sindacati, associazioni datoriali, scuole e università». Anche perché, come ha sottolineato il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, «la mobilità sociale persistentemente bassa che si osserva in Italia mostra che il luogo di nascita e le caratteristiche dei genitori continuano a pesare molto di più di quelle personali nel determinare il successo professionale di un giovane».
Sondaggio dopo sondaggio, studi e conti alla mano, emerge chiaramente la chiara difficoltà dei giovani italiani di entrare a far parte del tanto ambito ma difficoltoso mondo occupazionale.
L’unica strada da percorrere è quella di cercare, cercare, cercare …
Antonella Pirrotta