“Non importa cosa accadrà, entrambi gli schieramenti dovranno lavorare insieme per rilanciare l’economia”, firmato Barack Obama. Il presidente in carica si avvia verso la tornata elettorale di medio termine, con i seggi che apriranno martedì 2 novembre, in una situazione paradossale. Delle promesse elettorali, Obama è riuscito a mettere in pratica numerosi punti: dalla riforma sanitaria a quella di Wall Street, dal programmato ritiro delle truppe in Iraq fino all’abbattimento della pressione fiscale per una grande fetta della popolazione. Eppure, con ogni probabilità, le elezioni che eleggeranno 37 senatori e l’intero Congresso, potrebbero segnare la sconfitta del Presidente che, appena due anni orsono, incantava le folle con la dialettica e l’appeal della grande speranza statunitense. È paradossale la situazione, specialmente per un osservatore abituato alle beghe italiche, dove il problema è l’esatto contrario: rinnovare la fiducia nonostante nulla sia stato fatto di quanto promesso. Il prof. Luigi Zingales, recentemente, su un articolo apparso sulle colonne de L’Espresso, ha identificato il calo di popolarità di Barack Obama proprio nella nettezza delle scelte fatte: troppo “socialiste” per lo statunitense medio, una politica poco votata al baratto e al compromesso. Questo ha intaccato la fiducia in quel bacino elettorale rappresentato dagli “indecisi”, quelli che farebbero pendere l’ago della bilancia da una parte o dall’altra. Per comprendere l’importanza di questa tornata elettorale, è sufficiente guardare all’impegno in prima persona che Obama ha messo in campo: il gran comunicatore, l’uomo in grado di calamitare l’attenzione delle folle, è andato in giro in un Tour quasi fosse in gioco la presidenza. La realtà è che Obama si è scontrato con una situazione pessima, con un tasso di disoccupazione allarmante e una ripresa che era un miraggio al momento della sua elezione. Gli interventi a sostegno dell’economia sono stati percepiti come un’intromissione statale in quello che è il mercato, con le sue regole. Nonostante tutto, il Presidente venuto da Chicago incalza e rilancia sulle misure andate in porto: ridare un posto di lavoro a chi non ce l’ha più, sviluppare la crescita e incoraggiare le nuove iniziative imprenditoriali, investire in tecnologia e ricerca, nuove infrastrutture, energie alternative. Sono i punti cardine messi al centro del dibattito e da attuare negli ultimi due anni di mandato rimasti. A sollecitare la partecipazione al voto, anche personaggi noti dello spettacolo e della musica. Il cantante Ben Harper, in un video messaggio, che spinge per recarsi al voto e impegnarsi in prima persona: tutta la macchina elettorale dei Democratici è stata messa in moto per non perdere la maggioranza. Attualmente, dei trentasette seggi in gioco al Senato, 19 sono dei Democratici e 18 dei Repubblicani, mentre il dato complessivo vede una maggioranza di 59 a 41 per i Democratici (con due indipendenti). Alla House of Representatives si voterà per il rinnovo completo dei 435 seggi. Martedì si potrebbe ridisegnare il quadro politico statunitense, proprio quando grandi cambiamenti sono stati attuati. Quello che ha evidenziato Obama, è che si dovrà comunque lavorare per il rilancio dell’economia, sia nel caso di vittoria dei Democratici che in caso di maggioranza per i Repubblicani. In un confronto con la politica nostrana, appare quasi un controsenso quello americano, con un Presidente che mette in campo le riforme annunciate e sulle quali ha riscosso ampio consenso elettorale, salvo poi dover correre sulla difensiva.
Fabiano Polimeni