Torna alla cronaca lo scrittore Liu Xiaobo arrestato dal governo di Pechino quale pericoloso criminale e dissidente politico. L’uomo ha ricevuto l’anno passato il premio Nobel per la pace per il suo attivismo rivolto a fare riconoscere i diritti fondamentali in Cina. Liu Xiaobo detenuto nel carcere di Jinzhou nella parte nord del paese ha potuto finalmente rivedere la moglie, Liu Xia per la prima volta dopo la sua condanna a undici anni di reclusione. Tutti i capi di stato occidentali si sono accodati all’appello mosso dalle organizzazioni umanitarie per fare scarcerare il cinquantaquatrenne professore cinese ma al momento nulla di più di un infastidito commento arriva dai vertici del governo comunista, il quale, ribadisce il concetto che è una vergogna aver dato un premio così importante a un individuo già condannato e da loro ritenuto pericoloso. La verità è che Pechino si deve rendere conto che la Cina sta cambiando, sta diventando un colosso dell’economia mondiale, necessariamente deve rivedere i rapporti con i propri cittadini cercando di garantire loro la libertà che è anche specificamente dichiarata nell’art. 35 della loro stessa costituzione, che menziona la libertà di associazione, di assemblea e di discorso, tutte cose rimaste sulla carta.