Un gruppo di giovani universitari ucraini inventa un gioco di ruolo: Istemi, il nome di un antico condottiero. I protagonisti sono stati dai nomi altisonanti: Sacro Romano Impero, Confederazione Slovenorussa, Califfati Islamici Uniti, Khanato di Zaporoz’e, in quest’ultimo la religione di stato è l’ebraismo. Il gioco, come Risiko, ha l’obiettivo di conquistare la supremazia: un semplice e innocente passatempo. Mai il KGB non la pensa così e, dopo una stretta sorveglianza, li arresta. Poi, dopo lunghi e stenuanti interrogatori: la libertà. Ma loro vita non sarà più la stessa. Questa è la storia narrata da Aleksej Nikitin in “Istemi”, edito da Voland www.voland.it e tradotto da Laura Pagliara (pp. 134 € 13,00). Intanto, l’Unione Sovietica crolla e l’Ucraina diventa indipendente. Vent’anni dopo il loro arresto: tornano i fantasmi del passato. Il protagonista, Davydov, si trova a doversi ancora confrontare con Istemi. Tutto comincia con una strana e misteriosa mail. Da quel momento Davydov ripercorre il proprio passato. Cerca di parlare con gli amici di un tempo che hanno preso strade diverse. Uno ha compiuto l’aliyah? Ma, soprattutto, si chiede: chi li denunciò? E chi oggi lo insidia? Tutto questo sullo sfondo di Ucraina (con paesaggi da sogno poco noti) che guarda al futuro, ma che si trascina ancora spezzoni del passato. Come i vecchi agenti dei servizi che Davydov incontra, ormai (a loro dire) fuori dal gioco di specchi e ombre: ma per i siloviki non c’è congedo. Protagonista è anche la città di Kiev, che sembra grigia e plumbea. Ma non è così. E’ solo discreta e riservata: non ama esibire. Infatti, per le sue strade e i suoi locali c’è un’ umanità che gioisce, spera, lotta e continua il duro cammino della vita. Come Davydov che si ritrova a inseguire un’ombra e il tempo passato.
Tonino Nocera