Contro ogni evidenza e nonostante la situazione di grave crisi che ancora sta attraversando diversi Paesi europei alle prese con i programmi di riforme e che ha iniziato a minacciare anche quelli che le famose riforme le hanno già fatte, si continua a sostenere che sia cosa buona e giusta “scommettere” sulla tenuta e sulla stabilità dell’eurozona. A voler rafforzare ulteriormente questa posizione, il “Sole24ore, che per capirci è il giornale di Confindustria, in un articolo di oggi ci informa che “lo spread tra Btp decennali e omologhi tedeschi scende a 115 punti, dai 124 punti della chiusura di venerdì scorso”. “Il rendimento – prosegue – ha toccato nel corso della seduta un minimo intraday all’1,49%, nuovo minimo storico”. Questa probabilmente dovrebbe essere un’ulteriore garanzia che dovrebbe andare proprio nel senso della fiducia in un sistema che, dati alla mano, nel corso degli ultimi anni ha mostrato più di una falla. E le ricette sovente riproposte contengono sempre gli stessi elementi e gli stessi metodi di “cottura”. Ma la sensazione che, sia nel breve che nel lungo periodo, ad ingrassarsi le tasche saranno soltanto speculatori ed investitori esteri pronti a lanciarsi sul patrimonio economico nazionale in (s)vendita, è quanto mai nutrita. L’ultimo esempio è quello recentissimo dell’Ansaldo Breda.
Il disastroso “dopo-Berlusconi”
Ma non c’è solo questo. Con la scusa dello spread, dopo la caduta del Governo Berlusconi, si è tentato di giustificare anche altri interventi discutibili (per usare un eufemismo), tra i quali nelle menti degli italiani lo spazio maggiore è stato senz’altro occupato dalle riforme del lavoro e delle pensioni, che non solo non hanno risolto alcun problema ma che, anzi, hanno aggravato una situazione già critica. E, adesso, con il terzo Governo consecutivo non legittimato dal voto popolare, si sta continuando sulla stessa strada. Le ricette, fatte passare come passi avanti straordinari, non convincono. E non convincono anche perché già in passato si erano avuti lievi segnali positivi per poi ricadere nella crisi senza margini di miglioramento seri. E meno male che l’euro e il petrolio sono ai minimi storici. Probabilmente è a questi due fattori che si devono i lievi – quanto impercettibili – segnali positivi odierni. Un po’ poco per continuare a scommettere, perché c’è da chiedersi cosa succederà domani se la situazione dovesse ribaltarsi.
Passato e presente
Anche in passato lo spread è sceso sensibilmente ma la situazione socio-economica del nostro Paese non è cambiata. Ad Agosto 2013, sotto i 250 punti base, l’economia Italiana era ancora in fortissima crisi e, nonostante gli slogan, le promesse e le speranza del Governo dell’epoca, la situazione è peggiorata. Non è cambiata la suonata neppure nel 2014, con lo spread sceso a 200 punti. Tutto questo per chiarire che lo spread è un’autentica bufala. Al pari di un esercito è soltanto uno strumento bellico che, tuttavia, consente di sostituire una guerra di natura militare ad una guerra di natura finanziaria diretta a piegare i Governi e costringerli ad accettare condizioni indegne. Lo spread non è l’economia reale – ormai abbiamo imparato a conoscere questa verità – ma un’invenzione che la finanza speculativa a sostengo di alcuni governi, utilizza per creare paure infondate, come quella del debito pubblico, sempre utili a rafforzare quei processi di riforme nazionali che di nazionale hanno ben poco.
Manca una visione strategica
In Italia, per fare un esempio, non esiste alcun piano economico strategico volto a rimettere in piedi la nostra economica in tutti i settori, da quello agricolo a quello industriale, da quello dei servizi a quello turistico (sul quale è bene stendere il famoso velo pietoso, tant’è la vergogna). Esistono soltanto riforme – che peraltro non corrispondono alle intenzioni iniziali di chi le ha proposte con tanta enfasi tanto da far cadere il Governo precedente – in qualche modo connesse, le cui coperture sono sempre incerte e che sono strettamente (ma non segretamente) connesse alla speranza che gli imperandoti assumano, che gli investitori investano, che gli speculatori speculino, che l’industria riparta, che l’agricoltura si riprenda, ecc. Ma all’Italia non serve la speranza che un qualcosa prima o poi accada, supportata da deboli segnali positivi in massima parte resi possibili da fattori esterni del tutto indipendenti da quello che accade a casa nostra, ma un”visione strategica nazionale” sia di breve-medio che di lungo periodo.